Walid segue con attenzione la lezione, gli occhi sul
grande schermo pieno di immagini e le orecchie attente alla voce
dell’insegnante. "Il computer in classe – dice Hana, professoressa di biologia
alla scuola pubblica di Deir el-Qamar – è uno strumento didattico importante. Permette
di fare lezioni meno noiose per i ragazzi e offre molte opportunità di
interazione con gli studenti. Purtroppo è difficile averne nella scuola
pubblica.”
La scuola del villaggio nello Shouf è una delle 30 che,
grazie ai fondi della Cooperazione Italiana, in questi giorni hanno ricevuto
attrezzature didattiche informatiche. Queste scuole sono state selezionate dal
Ministero dell’Educazione libanese e sono distribuite su tutto il territorio
nazionale. Ognuno dei 260 kit comprende un computer portatile, un
videoproiettore, una coppia di altoparlanti e tutto il necessario per
l’installazione.
La fornitura è parte dei programmi finanziati dalla
Cooperazione Italiana a sostegno della scuola pubblica in Libano. Un impegno
che, dal 2016 a oggi, ha permesso - tra l’altro - la riabilitazione
infrastrutturale di 70 scuole, per un valore superiore a 7,7 milioni di Euro.
In Libano la crisi siriana, che ha portato nel Paese
circa 500.000 minori in età scolare, ha raddoppiato la popolazione scolastica.
Così il sistema della scuola pubblica si è trovato ad affrontare una situazione
senza precedenti.
"La scuola pubblica era già in difficoltà prima
dell’arrivo dei bambini siriani – dice Fatma, della scuola di Addad – e abbiamo
dovuto affrontare il raddoppio della popolazione scolastica- Non basta,
purtroppo, l’impegno del Governo e degli insegnanti, abbiamo bisogno di
ambienti salubri e di attrezzature che ci permettano di far stare i nostri
studenti al passo con i tempi.”
Visitando la piccola scuola colpisce un albero di Natale
realizzato con materiali di riciclo e la presenza in ogni classe di un bidone
per la raccolta della carta e uno per la plastica.
"Sapevo che la plastica è pericolosa per la natura, ma
non gli davo tanta importanza – racconta il piccolo Mohamed – poi la maestra
con il computer ci ha fatto vedere dove finiva la nostra plastica. Tutta a fare
una enorme isola nell’Oceano Pacifico, che è tanto pericolosa per i pesci. Da
allora non la butto più dove capita e a casa mi arrabbio se lo fanno.”